Il punto di vista dell’impossibile. Philip Dick, Fredric Brown e la leadership in senso inverso.
Ve lo ricordate tutti. Preparatevi a una lacrima di commozione.
Sotto la pioggia, di notte, un uomo dai capelli magici guarda negli occhi la sua fine e racconta perché la sua vita sta per avere un ingiusto epilogo: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”, e si spegne. Ma come è possibile? E perché ci travolge d’emozione la voglia di vita di un replicante che non accetta la sua fine? Perché è un punto di vista impossibile. (Anche gli androidi sognano pecorelle elettriche? Philip K. Dick)
Un team di scienziati costruisce la macchina computazionale più perfetta che esista, che avrà la gestione di tutto quello che gli umani hanno messo insieme fino a quel momento. Non è stato facile, ci hanno messo tutta la loro creatività e la loro tenacia. Ormai è fatta. Quale potrà essere la prima domanda da porre alla macchina? Quale può essere la più utile verità che essa ci potrà dischiudere? Si decide di porre la domanda delle domande. Esiste dio? Gli scienziati attivano la comunicazione e attendono. Arriva la risposta. “Adesso si.”. Vi vedo, vi ha percorso un brivido. Anche qui. Perché? Cosa c’è di sconcertante in questa risposta? Dare voce all’impossibile. (La risposta, Fredric Brown)
Nel 1986 si è verificato un paradosso della fisica che ha innescato la “Fase Hobart”: da quel momento si inverte la freccia del tempo, che ha iniziato a risalire dal presente al passato. Gli umani resuscitano dalla morte, ma solo per ripercorrere al rovescio la loro vita, passando dalla vecchiaia al ritorno nell’utero. Anche mangiare si fa al contrario: ci si nutre di “Sogum”, ovvero di escrementi, che vengono introdotti nel corpo dal ‘basso intestino’, e l’apparato digerente li ritrasforma in pezzi di mela, o di pane… che vengono espulsi dalla bocca, in privato. Si fuma così: le sigarette partono come mozziconi, bruciano al contrario liberando l’aria dal fumo, e ridiventano intere. Il luogo di sepoltura e il luogo di rinascita sono sacri e coperti dal segreto. Il romanzo di Dick si costruisce tutto su questa inversione e ci destabilizza sempre di più ad ogni pagina. Ci permette di esplorare paure, suggestioni guardandole dal punto di vista dell’inversione dell’ascissa del tempo. (In senso inverso, Philip K. Dick)
Il motivo per cui vi stresso (e vi stuzzico) con queste trame di racconti e romanzi di Philip K. Dick e Fred Brown è che il punto di vista inverso, o più genericamente impossibile è veramente un punto di vista arricchente quando ci poniamo delle domande di strategia o di metodo.
Dick e Brown partono sempre da un assunto comune e lo negano decisamente: un replicante non vuole essere disattivato perché ama la vita, è possibile creare la macchina a perfetta e risolvere tutti i nostri problemi, il tempo può scorrere all’inverso…potrei stare qui un’ora a raccontarvi tutte le loro trame.
Non per nulla uno degli approcci più originali al problem solving è quello del problem solving strategico dove un ruolo essenziale lo gioca la capacità di guardare oltre che si esprime in questi passi:
- Come sarà quando sarò arrivato all’obiettivo?
- Come potrei non arrivarci? Cosa potrebbe impedirmelo?
- Se fossi uno scalatore e il mio percorso fosse una scalata, come programmerei la discesa?
Vedete, anche qui non penso a come arriverò da A a B: penso a come sarà essere in B, penso a come potrei fare il percorso inverso e quali sarebbero, in questo caso, gli ostacoli. Dovete fare una scalata, siete stufi di pensare a come arriverete in cima?
Provate a pensare a come discendereste dalla cima!
Nel coaching ontologico abbiamo un metodo simile, il metodo Merlino. Il coachee si immagina arrivato a destinazione, rispetto al suo futuro desiderato. Immagina quali emozioni sentirà e come ci si troverà, e poi torna indietro ripercorrendo i passi che lo hanno portato lì.
Cambiare punto di vista e sforzarsi di ridisegnare la realtà in un modo inusuale, eppure logico, ci cambia la percezione di un problema o di una sfida e aumenta la nostra reattività.
Con Paolo Chinetti, ne #ilteamgiusto, abbiamo raccontato molto di quello che la nostra struttura cerebrale ci induce a fare quando vuole metterci in sicurezza: segui a via dell’esperienza, usa quello che sai, decidi in fretta. Usa il tuo cervello rettile, il tuo cervello limbico: non perdere tempo a far funzionale la tua corteccia prefrontale!
E invece, dar spazio all’impossibile, all’inverso, al rovescio ci obbliga ad abbandonare le nostre logiche e a far funzionare la parte di cervello più preziosa che abbiamo.
Provate a pensare ad un problema che vi spaventa, che non riuscite a risolvere, e guardatelo da un punto di vista impossibile:
- E se invece dipendesse da me?
- E se fossi io a decidere?
- E se fossi io il capo?
- E se non lo sapessi?
- E se fossi al suo posto?
- E se non fosse vero?
- E se succedesse?
Ma non limitatevi alla domanda, costruite tutta la storia con rigore alla luce di un mondo che avete capovolto e stupitevi di quello che scoprirete!
Per chiudere Vi regalo un tiolo bellissimo: Io sono vivo e voi siete morti di Emmanuel Carrère. La vita di Philip K. Dick raccontata da un fuoriclasse, altro che Limonov!!!